I rientri. Quelli di alcune di noi

I rientri non sono tutti uguali. Non sono mai simili tra di loro, neanche quando li vive la stessa persona. I rientri, come quelli di Natale, quando sei stata lontano dalla città in cui vivi, per andare in quella in cui hai vissuto o sei nata, ti costringono a salire sulla bilancia.

Non per prendere atto dei chili, ma per pesare chi siamo, chi siamo state e dove siamo dirette.

I rientri sono duri, molte volte. Ci tirano la pelle, come l’aria secca. Hanno l’odore acre di ciò che nasconde qualcosa di ispido, sotto.

I rientri, alle volte, ti fanno sentire quella sensazione strana di inadeguatezza. Sei dove non vorresti essere, ma non sai più quale posto disseterebbe quella sete, ora antica, che ti rende quasi rauca, alle volte.

Ormai vivi perennemente a mezz’aria: non appartieni più a nulla. Né al posto da dove vieni, né a quello in cui vivi. Questa, forse, è la cosa più tosta da digerire: se potessi esprimere un desiderio, uno di quelli che possono essere esauditi, non sapresti più cosa esprimere.

Questo accade, alle volte, quando parti e riparti. Quando hai pezzi in più luoghi, in più case. Quando le persone che hanno fatto parte della tua vita, sono ovunque, e non sai più dove. Quando le radici, si sono allungate, si sono sfilacciate, in alcuni piccoli tratti, sfaldate.

I rientri, in alcuni casi, possono essere salvifici. Perché, appunto, non sono tutti uguali, certo. Non so quali siano migliori, se quelli che ti lucidano gli occhi o quelli che te li asciugano.

L’idea che mi sono fatta oggi, da donna adulta, è che sarebbe meglio non sapere proprio cosa siano, i rientri. Vorrebbe dire non avere quel buco lì, in mezzo al petto, fisso, che anche le cose belle, il tuo modo di affrontare la vita con il sorriso, non riescono a colmare.

Un buco piccolo, in principio, quasi impercettibile, che poi, pian piano, con gli anni, si allarga.

I rientri … ognuno capisce solo i propri: come fossero alieni dentro la nebbia, nessun racconto, nessun confronto li potrà mai mostrare.

 

 

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2 Comments

  • Reply Michela Gennaio 7, 2019 at 9:49 pm

    Cara, questo post ha un sapore amaro, come quello che sento io ormai da tempo…e non è solo per il rientro in se, ma piuttosto per la fatica di dover costruire la propria vita in un luogo dove non ci sono le tante persone importanti che ti hanno resa ciò che sei adesso. Genitori, sorelle, amiche e amici trentennali sono tutti sparsi qua e là e, per quanto ci si sforzi di mantenere costantemente un legame, i ritmi e le questioni che affrontiamo ogni giorno ti trasportano in un’altra dimensione di cui ormai, che ci piaccia o no, facciamo parte. A volte mi capita di sentire addosso la solitudine che accompagna questa città, dove ci sono tanti conoscenti e pochi Amici, o tanta flessibilità e pochi punti fermi….allora mi aggrappo alla mia famiglia, sperando di riuscire a trasmettere a mia figlia l’idea che si può essere felici ovunque: bisogna volerlo però, è questa la sfida più tosta. Ti abbraccio ?

    • Reply Stato di Grazia a Chi Gennaio 8, 2019 at 9:05 am

      Lo so, la sfida è ardua, hai ragione.

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