Ci preoccupiamo di tutto: di farli mangiare solo il bio, di farli vestire solo con fibre naturali, di mandarli a scuola di mandarino. Ci teniamo perché crescano avendo il meglio, possibilmente in legno, che imparino le buone maniere (anche per farci fare una bella figura in pubblico) ma da chi, poi, non si sa. Da prima che diventassi mamma, ho visto bambini cresciuti quasi solo da babysitter, tate, nei casi più fortunati, dai nonni. Come crescono i bambini che passano più tempo con le tate, con le babysitter, che con noi?
Qualche settimana fa, e non era la prima volta che mi succedeva, ho sentito dire ad una tata, intorno alle sei e mezza di sera, ” Io vado, perché lo devo lavare, preparare, gli devo cucinare la cena e dar da mangiare”.
Non ho dovuto fare un volo pindarico, per immaginare che i genitori di quel bambino non lo vedevano dalla mattina e, se dio vuole, lo avrebbe visto impigiamato, sul divano, prima di crollare.
Da quando sono mamma, mi rendo conto come non sia facile trovare un equilibrio, dare delle risposte, e, soprattutto, ragionare, anziché mettersi solo sulla difensiva attaccando gli altri (in genere, le altre mamme).
Se da un lato, sono fortemente convinta che nessun genitore debba sacrificare la propria carriera, le proprie ambizioni o tradire i sogni che, spesso, sono lastricati da anni di studio e lavoro duro, dall’altro, mi domando quanto ego ci sia, che ci impedisca di registrare la presenza di un figlio voluto, cresciuto da un’estranea. Per carità, un’estranea che, con il tempo, diventa un pezzo di famiglia. Un pezzo che va e viene, da famiglia in famiglia.
Una tata, una babysitter che insegnerà a camminare, a fare la pipì sul vasino, a mangiare senza aiuto, ma anche ad amare, a relazionarsi con gli altri. A perdonare, a comprendere, a passare oltre, ad accogliere, ad essere grati.
Qualcosa che difficilmente si può fare tra le 19.30 e le 21.00.
No, qui non si parla di genitori che, se non fanno certi orari, non portano a casa la pagnotta, anche perché quei genitori non potrebbero permettersela una babysitter, una tata 24 ore su 24. E no, neanche di casi eccezionali nei quali cerchiamo di rientrare a tutti i costi, quando ci sentiamo chiamati in causa.
Ma si parla di genitori che guadagnano abbastanza per potersi sentire tranquilli quando si tratta di permettersi una scuola privata, una vacanza importante, insomma, cose bellissime ma superflue se, dall’altro lato della bilancia, c’è nostro figlio.
Perché, dovremmo capirlo, il figlio non è il soggetto che mettiamo al mondo per investire i nostri soldi.
Non credo che una mamma a casa, o che abbia dovuto rivedere le proprie condizioni lavorative per stare di più con il figlio sia felice: credo che sia ingiusto, brutale, quando non siano scelte che vengono da una precisa volontà, sentita intimamente e liberamente. Non credo che i padri siano ancora in grado di fare un passo indietro, sempre dal punto di vista lavorativo, per stare di più con i figli, e questa è una sconfitta per la famiglia, nella misura in cui lo spazio dedicato ai figli si sostanzi in quello degli anni 50.
Di una cosa sono convinta: il lavoro è importantissimo, come lo è guadagnare abbastanza da garantire una vita oltre che dignitosa, ma è necessario capire il limite oltre il quale è solo l’ambizione a guidarci. Un’ambizione che non ci rende neanche sereni.
Ed ecco la mia domanda: se abbiamo messo al mondo un figlio, è giusto delegare ogni ora diurna (e non solo) ad una tata, che gli insegnerà i suoi modi, i suoi principi, la sua educazione e non la nostra? Una tata che lo amerà, ne sono sicura, ma che non siamo noi?
Certo, questi bambini avranno l’esempio di genitori vincenti, che non rinunciano a sé, che possono comprare cose più belle o fare vacanze più lunghe e tutto questo è importante ma, quando saranno grandi, e cercheranno, nella loro memoria l’esempio del compromesso, dell’amore, chi troveranno? La tata?
Sembra un giudizio inflessibile il mio? No, non lo è. E’ uno spunto di riflessione, sincero, al quale, altrettanto sinceramente, bisognerebbe rispondere mettendosi a nudo, senza giocare né in difesa né in attacco. Perché a vincere o a perdere non sono gli altri che attacchiamo, badate bene, sono solo i nostri figli.
19 Comments
Mi chiamo Patrizia e sono Mamma di due bambini di quasi 4 e 2 anni, ho una Tata che ormai è di famiglia come dici te, ma sinceramente nel vero senso della parola. Le tue parole mi feriscono e mi fanno riflettere allo stesso tempo, personalmente faccio salti mortali per pagarla si può dire che quello che guadagno lo giro direttamente a lei. Da libera professionista non ho avuto la maternità ne prima ne dopo. Ho fatto complessivamente 10 giorni a casa dopo il parto con ognuno dei miei figli e per questo ho pianto tanto e piango anche ora…non posso permettermi altri aiuti per poter delegare il mio lavoro, pago con grande difficoltà una tata figuriamoci un collega che possa darmi una mano. Non ci sono aiuti, non ci sono tutele questa secondo me è la Grande tristezza italiana.
Ciao Patrizia, non so se mi segui generalmente o meno, per questo, ci tengo a fare una premessa: non è questo un luogo dove snocciolo giudizi, perché io stessa non sono una grande fan degli altarini. Credo profondamente che ognuno debba fare i conti con se stesso e non perdere tempo guardando gli altri. Questo è evidente in tutti i miei pezzi. Premesso ciò, io credo anche che, per riflettere, su noi stessi, possa servire un pensiero condiviso da altri, ed è questo che mi ha spinto a scrivere un post che, immaginavo, potesse non piacere, anche essere attaccato, ma ferire mai. Perché, Patrizia, tu fai quello che puoi e che ti senti di fare, e dici una cosa vera quando parli di sensi di mancanze di tutele come anche di pianti e tristezze. Questi elementi, l’assenza di un welfare e la presenza di dubbi e amarezze fanno parte del bagaglio di tutte noi che abbiamo messo al mondo figli in questa epoca. Io credo che sia nostro dovere cercare la soluzione migliore, il compromesso, per non far mancare nulla, in termini di amore e di presenza ai nostri figli senza perdere la nostra vita. E’ difficile? Si, tantissimo e per tutti. In bocca al lupo, e, credimi, io non giudico nessuno, perché sono piena di interrogativi anche io. Facciamoci forza, e fermiamci, ogni tanto, ma senza tristezza, a chierici se c’è una strada per far quadrare più o meno tutto, in modo il più sereno possibile
Io non volevo figli, ma al tempo stesso amavo troppo mio marito per precludergli per sempre la possibilità di averne uno. Lui voleva una famiglia. E così, per tenermelo stretto, mi sono sacrificata e gli ho dato quello che voleva. Adesso abbiamo una bambina bellissima ma io sono depressa da 3 anni. Ci sono giorni in cui mi sveglio e vorrei solo morire. Mentre gli altri aspettano con ansia il weekend per trascorrerlo in famiglia, io aspettano con ansia il lunedì per tornare a lavoro e non dovermi occupare di lei tutto il giorno. Le voglio bene e voglio che non le manchi nulla, ma non sono assolutamente in grado di sopportare i suoi capricci da treenne per più di 5 minuti, non ce la faccio mentalmente e spesso neanche fisicamente a correrle appresso quando la porto al parco, trascinandomi controvoglia. Non sono in grado e non ho voglia di giocare con lei e inventarmi chissà cosa per intrattenerla. Vorrei solo avere del tempo per me e non ce l’ho. Spesso faccio fatica a trovare il tempo per andare in bagno a fare i miei bisogni, perché lei urla e piange per entrare dietro di me. È un inferno. Dormo poco e male da 3 anni e non ho più intimità con mio marito. Lui mi aiuta ma ce l’ha con me (eppure ero stata chiara sul fatto che non sarei stata una madre tradizionale), mi sento giudicata ogni giorno da mia madre e mia suocera, nessuno capisce come mi sento. Sono la pecora nera della famiglia. Invidio da morire quelle mamme che descrivi nel tuo post. Eh sì, sono una di quelle madri snaturate che vorrebbero una tata a crescere i loro pargoli. Io non posso permettermelo e ho pure i nonni lontani. Vorrei morire in pace nel sonno. Chissà quante altre si sentono come me e non lo dicono. Non è meglio una babysitter piuttosto che questo? L’unica cosa che mi fa sentire ancora un essere umano è il mio lavoro. Se non avessi avuto quello mi sarei già gettata sotto un ponte. Mail giudicare.
Lavoro per portare a casa la pagnotta. Ho la baby sitter che va a prendere i bimbi a scuola e li tiene un’oretta finché non torno dal lavoro. Con un sacco di sensi di colpa. A volte ci tocca pagare qualcuno perché, diciamocelo, questa società non è amica delle famiglie e dei bambini…
Abbiamo un paese che non cresce, che invecchia, per questo. Il conto è salato e lo paghiamo tutti. I sensi di colpa, poi, sono logoranti, e non ci si fa mai abbastanza il callo.
Ti seguo mi piace quello che scrivi, molte volte mi ritrovo in quello che vivi anche perchè le tue figlie hanno età similari a quelle dei miei due maschietti. Quando dico che le tue parole mi hanno ferito non voglio giudicarti ma a volte non c’è una scelta ma sei obbligata. Io avrei fatto volentieri un part time, avrei voluto stare almeno i primi mesi a casa con loro ma non ho potuto scegliere, mi ritengo già fortunata a potermi “permettere” una tata. Quando di corsa andavo al lavoro e vedevo chi aveva partorito come me portare a fare una passaggiata tranquilla il suo bambino…ecco lì mi sono sentita sola…l’unica cosa che ci rimane è proprio farci forza a vicenda perchè lo Stato se ne frega totalmente di noi, anzi nel mio ambiente lavorativo ti vedono anche male visto che sei madre e non puoi rendere quanto un uomo. Tornassi indietro non farei la commercialista quello di sicuro!!! Ma non è nemmeno facile ripartire da zero quando devi portare i soldi a casa, quindi questo lavoro anche se mi tiene lontano da i miei affetti il sabato, la domenica e tante altre volte quando invece vorrei stare con i miei figli purtroppo me lo devo tenere. scusa lo sfogo!!!
Credo che l’Italia non sia un paese per famiglie tanto meno per quelle XXL come la nostra. Io ho scelto, dopo aver delegato la crescita dei primi tre a una babysitter alnpomeriggio , divorata dai sensi di colpa di stare a casa …. Quello che guadagnavo andava a lei!!!
Ho scelto di petto ma come hai detto tu la scelta è soggettiva e va rispettata sempre… Mi crescono miei figli e mi ritaglio del tempo facendo a turno con mio marito e i nonni nelle uscite di coppia… però vedo con mio dispiacere che le cose non migliorano…io sono fortunata ho potuto scegliere c’è però chi non può farlo!!!!!
Anche quello è un tema: quando grossa parte dello stipendio (che poco non è, perché una tata che fa tutto, alle volte dorme anche a casa con il bambino, deve avere il giusto compenso) va devoluto, ci si deve domandare se ne valga la pena. Cioè se davvero, tirando le somme sia lui che lei, si guadagni qualcosa che rimanga o meno. E’ dura, si. Per le famiglie con un figlio, figuriamoci con quelle numerose.
Questo post mi piace molto, perché fa riflettere ed è una netta presa di posizione.
Magari scomoda ma lo è.
Ecco, io credo che sia difficile scegliere davvero.
Da un lato, i bambini sono tali per poco tempo e hanno bisogno di quantità e qualità del tempo, non solo di un weekend ogni tanto insieme. Hanno però bisogno anche di cose ed opportunità, che solo i soldi possono comprare.
Hanno bisogno di un reddito famigliare dignitoso e di genitori presenti, due condizioni spesso in antitesi.
Quando rinuncio a qualche lavoro perché non ho oggettivamente il tempo per farlo, seguendo nello stesso tempo senza aiuti fissi i miei figli dalle 16 in poi, mi viene da piangere. Perché sono occasioni di guadagno ma, ancor più, di mettermi alla prova, di porre a frutto anni di studio e di professione e, poi, le occasioni creano occasioni e se dici di no una volta, rischi di non avere più lavori dopo, a catena.
Inoltre sono consapevole che poi i figli crescono e se ne vanno e il genitore rimane con la sua vita, con la necessità di mantenersi e tempo libero che prima non aveva e se non ha lavorato prima, difficilmente avrà l’occasione per farlo poi. E pur credendo nell’amore, so bene che le coppie che scoppiano sono più di quelle che tengono, ormai, ed i genitori che sacrificano in tutto o in parte la carriera per stare dietro ai primi anni dei figli, pagano sempre un prezzo salatissimo. E cosa hanno in cambio? Amore e riconoscenza dei figli? Non sempre e comunque sarebbe un peso enorme sulle spalle dei bambini.
Insomma, so che non c’è una soluzione ottimale allo stato e dunque a volte dico di sì, altre di no, guidata più dall’istinto che dalla ragione e spesso mi pento dei lavori persi o dei momenti con i figli persi. Non sarei mai in grado di fare come i genitori che descrivi ma neppure di stare a casa per i miei figli e mi barcameno, guadagnando molto meno di quanto potrei se facessi scelte diverse e comunque convivendo con sensi di colpa verso tutto e tutti. Come quasi tutte le madri e molto padri.
E’ difficilissimo e, come dici tu, ci sono prezzi altissimi che si pagano, dopo aver deciso in un senso o in un altro. Comunque io non sono per lasciare il lavoro. No, noi donne lo dobbiamo tenere stretto con le unghie ed i denti e non solo per contribuire alle spese etc etc … Però, quello cui rifletto, e su cui puntavo i riflettori, sono le condizioni di lavoro che, in alcuni casi, comportano l’assenza totale e, in alcuni casi, anche durante le ferie estive … bimbi che si fanno un mese con la tata o più ancora. Insomma, il lavoro, quando c’è, va difeso (non vorrei essere fraintesa) ma dobbiamo cercare di trovare un equilibrio per fare in modo che i bimbi abbiano tutto, ma prima del mese in sardegna con la tata, la nostra presenza durante l’anno. Ed è tosta, lo so. Ma dobbiamo pensarci ogni tanto e capire se possiamo far qualcosa, limando qui e lì 😉
Perfettamente d’accordo con te!
Da qualche parte ho letto un pensiero che mi ha colpito molto e che condivido: Oggi la nostra società si aspetta che noi donne siamo mamme come se non dovessimo lavorare e lavoratrici come se non avessimo figli da crescere…
È ingiusto, crudele e sbagliato e impossibile! Ma una scelta va fatta… E qualunque sia è inevitabile sacrificare l’una o l’altra cosa…
Io sto cercando di pormi in mezzo… Ho sacrificato già tanto del mio lavoro (e sono fortunata che non l’ho perso!) ma non ho lo stesso la possibilità di crescere i miei figli come vorrei… Poche ore al pomeriggio e spesso trascinati a fare commissioni necessarie… Ma almeno siamo insieme e una pausa parco/gelato/gioco la troviamo… Anche se sempre di corsa (e ogni tanto nervosamente!)
Ma come altro potrei fare? Delle volte mi sembra di aver solo perso sia da una parte che dall’altra….
L’ho letto anche io, proprio di recente
Ho 36 anni e i miei genitori lavoravano entrambi. Nonostante questo, ricordo che sono sempre stati presenti. Sempre. Non è mai successo che non fossimo a tavola tutti insieme per pranzo, per esempio. Si pranzava alle 14 o anche alle 14:30 ma poco importa, l’importante era pranzare tutti insieme. Hanno fatto tanti sacrifici ma non tutti quelli che ho dovuto fare io. Per prima cosa la loro generazione, a differenza di quella dei nostri nonni/bisnonni (e della nostra) non ha avuto la necessità di emigrare. Sono cresciuta con i nonni, gli zii, e i cugini vicino. I miei potevano usufruire di una “rete” di protezione (parenti, amici, conoscenze…), a differenza mia che sto a 1000km di distanza in un posto dove ho solo qualche conoscenza superficiale, maturata sul posto di lavoro che oggi c’è e domani chissà. Mia madre aveva il classico posto fisso statale che negli anni ‘80 e ‘90 era una pacchia inimmaginabile ai nostri giorni. Poteva pure uscire dall’ufficio a farsi la piega dal parrucchiere, figuriamoci se non era a disposizione per venirci a riprendere a scuola o all’asilo (che comunque erano vicinissimi al posto di lavoro). Mio padre era un rappresentante ed è stato un precursore del lavoro “flessibile”…nel senso che la flessibilità se la dava da solo, cercava di fare il necessario nel più breve tempo possibile e poi tornava a casa, anche se avrebbe dovuto lavorare ufficialmente fino alle 18. A quei tempi non c’erano i cellulari e nessuno poteva seriamente controllare, quindi al massimo raccontava qualche cazzata al capo e amen. Tanto se quello era contento lo stesso, voleva dire che bastava così. Perché lavorare fino alle 18 se sei bravo e riesci a sbrigarti prima? Mio padre comprese questo concetto 40 anni fa! Si può fare questo oggi? Ovvio che no, con tutte le tecnologie che ci sono oggi per controllare il lavoro dei dipendenti si verrebbe sgamati in 5 minuti (e licenziati). Idem negli uffici pubblici. La risposta alla tua riflessione è questa. No, un lavoro che tiene impegnati entrambi i genitori fino alle 18 (senza considerare il tempo per tornare a casa) non è neanche lontanamente compatibile con l’idea di famiglia. Non si può essere genitori dalle 19 alle 21. Io sono “fortunata” perché sono diventata mamma a marzo 2020 e perché ho un lavoro che mi consente di lavorare da casa, dunque ho trascorso e trascorro ancora tutto il tempo a casa in smart working (ho comunque una baby sitter che mi aiuta mentre sono al pc). Ma quando non sarà più così? Quando mi chiederanno di tornare in azienda sarà un trauma. Vorrei tanto avere le stesse possibilità che hanno avuto i miei genitori, ma so già che non le avrò mai. Posso solo sperare di riuscire a fare l’insegnante, a quel punto potrei dare qualcosa in più a mia figlia. In caso contrario, sarà parcheggiata tutto il tempo da qualche parte come tanti altri bimbi. Non ho mai neanche lontanamente immaginato di diventare insegnante prima della nascita di mia figlia. Poi ho dovuto rimettere in discussione tante cose…è una cosa che devo fare per lei e per la mia famiglia, l’alternativa sono le dimissioni perché non riuscirei mai a conciliare un lavoro 9-18 con la famiglia. Beato chi ci riesce, io no. Spero di riuscire a vincere questo benedetto concorso, lo faccio per lei.
Molto bello e introspettivo il post. Sono una mamma lavoratrice che lavora tanto anche extra e lo faccio, lo ammetto , per mia ambizione personale, perché potrei accontentarmi della mia posizione e lavorare meno. Tuttavia non mi sento neanche in colpa per non dedicare abbastanza tempo ai miei figli ( anche qui sono onesta) che hanno una tata, questo perché non credo assolutamente che sia lei a crescerli al mio posto, lei (importantissima) porta avanti l’operatività quotidiana (li lava , li veste , gli prepara la cena..) ma sono io che gli leggo tutte le sere le favole , che gli dedico ogni minuto libero che ho più tutto il weekend con una gioia immensa (senza lo stress che vedo in molte mamme e tate che sono h24 con i propri bambini e che cos’è che io vedo come piacevoli loro vedono come lavoro, routine), che parlo con loro dei problemi e di come affrontarli (cercano sempre me per il confronto mai la tata). Quindi seppur la tata è fondamentale per me e per loro non credo assolutamente che si possa dire che “cresca i miei figli credo che mia anzi la possibilità a me di crescerli nel migliore dei modi perché assaporo ogni secondo con loro, non sfogo le mie frustrazioni su di loro e difficilmente mi innervosisco con loro (scarico tensioni con altro). Volevo solo portare la mia visione 🙂 chiaramente ognuno ha la sua .
Aggiungo al mio post precedente che sono figlia di una mamma che è stata h24 con noi e di un padre che rientrava la sera alle 21. Nonostante questo se penso alla mia infanzia ho principalmente ricordi (anche molto belli) legati a mio padre, percepivo la sua voglia di stare con me e di trasmettermi i suoi valori e ci è riuscito a pieno , nonostante abbia passato con me 1/10 del tempo di mia madre. Forse quindi il mio giudizio è anche influenzato dalla mia personalissima esperienza ma penso possa essere un valido supporto per tutte le mamme lavoratrici come me che si domandano se è sufficiente il tempo trascorso con i propri figli … come donna mi sento di dire che è triste nel 2022 pensare ancora a se prediligere la carriera o la famiglia . È giusto sentirsi realizzate a 360 gradi nel modo in cui preferiamo che sia esso stare a casa o lavorare 12 ore al giorno anche perché i nostri figli sentono e subiscono ogni nostro sentimento o frustrazione . Scegliere di stare a casa e rinunciare al lavoro deve essere una scelta voluta se obbligata dal contesto mi sento di dire che è assolutamente controproducente il nostro bambino lo sentirà sicuramente e si sentirà “causa” di una nostra frustrazione , molto peggio che stare con la tata secondo me … e scegliere un compresso con un lavoro part time a mio avviso (da donna ambiziosa ) equivale a rinunciare alla propria carriera (parliamoci chiaro ) .
Grazie per i tuoi commenti , concordo con te su alcuni punti. Sicuramente, noi donne non siamo ancora messe nella condizione di poter scegliere davvero, nella maggioranza dei casi e, purtroppo, se per alcune stare a casa è una vera scelta, per molte no. Al netto di questo, mi spingo a dire che frustrazione, sensi di colpa e nervosismi sono piuttosto fluidi e, a prescindere da quello che si faccia fuori casa, ne siamo tutte potenzialmente bersagli. Temo che ciò che faccia la differenza sia il nostro carattere. Sul part time non mi pronuncio …. perché tanto pare che non lo conceda nessuna azienda, ormai 😉
Io sono mamma da due anni, mi alzo alle 4 del mattino per tornare a casa alle 13 e poter stare con mio figlio. Avevo un posto importante in azienda, ma quando ho detto di essere in cinta non ci hanno pensato un secondo a degradarmi. Ma ad oggi posso dire di essere felicissima di ciò, perché così (non avendo più responsabilità nell’azienda) posso dedicarmi a mio figlio. Non è sempre facile, perché dormendo si è no 4 ore a notte a volte sono parecchio stanca! Però purtroppo sono costretta a lavorare se voglio dare a mio figlio un presente abbastanza agiato . Il papà per fortuna lavora vicino e quindi sta con lui fino alle 8 e alle 12 ritorna, e per fortuna per 4 ore ho una tata fantastica, anche se mi rendo conto che mi sto perdendo parecchio.
Purtroppo il mondo del lavoro non tiene conto delle nostre esigenze familiari. Direi che non c’è rispetto della vita in assoluto, in moltissime realtà. Ed il risultato è che molte di noi non riescono più a tornare nel mercato del lavoro o che devono abbandonare o cambiare rotta.