Poteva andare peggio: si poteva rompere il televisore

Può sempre andare peggio. E’ il mio mantra, da anni. Per non suicidarmi, quando le mie aspettative più alte, lecite e fondate vanno in frantumi, e mi è capitato svariate volte ve lo assicuro, la butto lì. Mi poteva andare peggio, mi dico. Non mi suicido, piuttosto, mi ubriaco.

Tra il suicidio e la birrozza, durante la quarantena, la mia aspettativa era una sola e, raga, non mi dite che era troppa cosa: guardare, alle dieci e mezza di sera, una serie tv.

Il mio godimento massimo. L’orgasmo al suo stato più nobile. Quando l’amore diventa estasi, niente di più, niente di meno.

Lo può capire solo chi ha, come coinquilini, due figli in età prescolare che, di obbedire, non ne vogliono capire. E, di questi tempi, la minaccia standard (se continui così non ti faccio uscire – minacce che dopo la quarantena andranno in prescrizione) non sortisce alcun effetto.

Ecco, la mia aspettativa, una cazzo di serie televisiva, notturna. In un orario in cui sverrei dal sonno, ma che sacrifico volentieri, perchè prima non si può. E prima non si può da quattro anni. Perché, pur mettendole a letto alle nove, prima di una certa ora alle mie figlie non calano le palpebre. I pianti sono all’ordine del giorno, anzi della notte, come se il letto fosse un mobilio da santa inquisizione.

Ma siccome so che può andare peggio, mi faccio andare tutto bene. Mi concentro sulle puntate che mi attendono, come una in astinenza da qualcosa di più glorioso, ma ok.

E sapete che c’è?

Il televisore muore. D’improvviso. Non avvisa. Non dice nulla. Niente, si spegne. Non ci siamo neanche potuti salutare, lui non l’ha voluto.

Forse le bambine lo hanno manomesso, mi domando. Erano pomeriggi che pregavo di cambiare cartone animato, per evitare che, a proposito di suicidio, Rapunzel non si lanciasse dalla torre, a forza di essere in onda.

Forse mio marito lo ha manomesso, mi dico. Sono  anni che smania per una smart tv ma io non ci sto ad inquinare per un capriccio.

Forse doveva solo andare peggio, mi rispondo. Cercare spiegazioni è uno sport che dopo i trenta non pratico più, cercare una risposta mi diventa l’ennesima aspettativa che non mi voglio concedere. 

Ora ho due figlie chiuse in casa, che non possono respirare – abbiamo il vicinato sensibile, non so se ve l’ho detto –  senza televisione (non so se mi spiego).

Ora ho una donna, me medesima, privata dell’unica cosa che le alzava il morale: il pensiero della sera davanti alla tv.

Eh no, non provate a dire che ci sono i libri. Non lo fate con me. Non mi dite che si possono fare tante cose in quarantena. O che i programmi li possiamo vedere dallo schermo del pc. Non ci provate. Altrimenti, vi avviso, infrango la quarantena e vengo a casa vostra, e, uno a uno, ve li buco i vostri di televisori!

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