Tv, Cellulare, Tablet e Bambini. Pre e Post Covid. E mò so caxxi.

Li abbiamo cresciuti raccontando che la tv fosse un accessorio, come un quadro, un pezzo di arredamento. Lo schermo appeso al muro, una pura decorazione, carina eh, ma inutile come i prendi polvere di Swarovski che andavano di moda negli anni ’80.

Abbiamo detto di aver fatto cadere il telecomando in fondo al water, e di aver capito il danno, solo dopo aver tirato lo sciacquone.

Abbiamo fatto terrorismo televisivo ai nostri figli, come quando, da bambini, ci dicevano che avremmo perso la vista, se non ci fossimo messi a guardare la tv alla giusta distanza. Subito pronti rimetterci, poi,  a pochi cm dalla tv, non appena quei rompi balls dei nostri genitori si fossero tolti dal radar (che poi, a pensarci bene, forse la vista non ce l’avevamo proprio, se già da bambini dovevamo stare con la faccia attaccata allo schermo per vedere Heidi).

Abbiamo detto ai nostri figli che i cartoni animati vanno visti a piccole dosi. Prima 5 minuti, poi 10, poi 20. Ogni anno, si aumenta di un minuto. Insomma, per l’età della pensione, i nostri figli avrebbero potuto vedere una puntata intera di Peppa Pig, serenamente.

Tablet e cellulare vietati. Senza se e senza ma. Con tanta di letteratura pediatrica ad avallare i nostri divieti. Abbiamo stampato plichi da distribuire ai prossimi congiunti (in pratica ad un paio di nonni e ad una schiera di baby sitter) per evitare il momento di sfinimento, dopo i logoranti capricci dei bambini.

No giochi sul tablet, no cartoni sul cellulare. Mai. E quando abbiamo incrociato qualche mamma o papà al ristorante che, per poter mangiare un boccone, distribuiva device sul desco, la nostra opinione era sempre quella: si trattava di pregiudicati, gente con la fedina penale che manco con il Dixan. Non meritavano di avere dei figli. Dio li aveva dati a quegli esseri spregevoli, quando tanta gente per bene non riusciva.

Il cibo. Sano. Sempre. Frutta e verdura di stagione. Mai un tozzo di pane fuori pasto.  Qualche dolce, ma zuccheri semplici e all’interno di una dieta sana ed equilibrata.

Ecco, queste siamo state noi, prima del Covid. Prima della pandemia, prima della quarantena. 

Ci siamo fatte venire i capelli bianchi anzi tempo, per mantenere questo ordine maniacale. Ma poi è arrivato lui e tutto è cambiato e per sempre. Perché, da mò, so caxxi.

La televisione è stato il loro miglior amico. Tv la mattina, per il risveglio muscolare, tv dopo pranzo per smaltire con la baby dance, tv pomeridiana per i cartoni animati. E quando avevano visto tutto, si ricominciava in lingua originale. 

Il tablet, il giusto alleato. Millantando missioni educative, lo abbiamo messo davanti ai loro occhi senza limiti.  I neuroni russavano della grossa, durante quelle ore, ma noi dicevamo che era per imparare l’inglese.

Cellulare, sempre in mano. Facciamo la videochiamata con i nonni, con gli zii, con i cugini, con gli amici di mamma e papà. E per chi non aveva nonni, zii, cugini, amici di mamma e papà, certamente c’era un bimbo sconosciuto da qualche parte,  da contattare, almeno per un ape virtuale.

E poi c’era lui. Zoom. Ad ogni ora, un incontro diverso. Un tale casino che se avevi tanti figli, rischiavi di mettere il bebè a lezione con il professore di diritto romano e l’adolescente a fare collage con materiale di risulta cantando veo veo.

Mamma e papà con pc accesi per lo smart working. Il neonato con il cellulare in mano, a fare ciao-ciao ai nonni. Il tizio prescolare a fare zoom con la classe, mentre guardava La Casa di Carta. Il grande, a fare riunioni di scuola al pc, mentre giocava a poker sul tablet. Con tutti gli schermi accessi, a tutte le ore, se non abbiamo perso la vista ora, gli oculisti e compagnia bella possono chiudere bottega for ever.

E il cibo. Pane in casa. Pizza in casa. Olio dell’ulivo dell’orto. Frutta colta dagli alberi, anzi da terra, per non ferire i sentimenti della mela, che viveva la fase dell’alto contatto con il ramo. E dopo un mese così: l’inferno dei golosi.

Merendine scadute durante la guerra di secessione, ingollate senza essere state masticate. Gommose imbevute nel caffè nero. Patatine in busta a colazione. Pasti principali disertati, per la bulimia fuori pasto. Deliveroo, Just Eat e compagnia bella, contattati direttamente dai minorenni, per qualsiasi cosa fosse vagamente commestibile. 

Con la connivenza di noi mamme che, a livello di esaurimento abbiamo spiazzato la letteratura dei criminoligi, che avevano sempre attribuito certe sociopatie a gente diversa. Una fame nervosa che non è mai finita. Posso smettere quando voglio: come no. Forse con la coca, ma con il cibo spazzatura fuori pasto, non c’è speranza.

Questo sarà il primo anno nella storia dei magazine, che non siamo noi a dover fare la prova costume, ma che è il costume che dovrà fare la prova con noi. E meglio non ci faccia incazzare, sennò ci magnano pure a lui.

E voi direte…che ormai è tutto finito, che siamo tornati alla normalità e che pian piano… Ma che lo dite davvero? Allora provate a raccontare ai vostri figli del telecomando  caduto nel water, della frutta di stagione, del lievito madre e di un uso responsabile e consapevole del cellulare. Io vi avviso, ci sarà la scientifica a casa vostra … e non l’avrete chiamata voi.

 

 

Facebook Comments
Previous Post Next Post

You Might Also Like

No Comments

Leave a Reply