Sono una madre e solo le altre madri potranno capirmi. Io sono quella che assume la posizione a brocca, quando sta incazzata e a teiera, quando si sta per incazzare. Sono la donna-teiera che, se ha un passeggino a portata di mano, con l’altro braccio si appoggia al manubrio: ed è là che si gioca la partita. Non sto per incazzarmi, mi sto caricando: se al mio 3 non vieni, ti dico che me ne sto per andare. Se mi segui ho vinto io, se non mi segui divento una brocca.
Sono una madre: avevo dei punti di vista ed un punto vita, ero una ragazza bohémien. Lo sono stata sino a quasi quarant’anni. Pensavo che avrei mantenuti entrambi, che avrei camminato scalza tutta la vita, leggendo libri presi ai mercatini, sorseggiando vino e mangiando formaggio, poi ho partorito.
Sono diventata un quadrato io che, un’annata si e l’altra pure, sembravo quasi anoressica. Mangiavo, ad ogni pasto, come fossi ad un matrimonio pugliese: aperitivo, antipasto, due primi, due secondi, frutta, buffet di dolci, torta nuziale, crepes, gelati, amaro e confetti al profumo di mozzarella e pane di Lucera. Nonostante questo, le chiappe vincevano la gravità, la panza reggeva.
Di punto di vista ne è rimasto uno soltanto: i bambini non li sopporto, a stento reggo i miei.
A piedi scalzi non ci vado più, da quella notte, di qualche anno fa, durante la quale calpestai dei cazzo di Lego.
Di libri ne leggo ancora tanti: i loro. E, se non metto gli occhiali, rischio di vedere solo le figure.
Il vino lo bevo ancora, ma mi viene l’acidità e il formaggio lo guardo con sospetto, da quando ho partecipato ad un incontro dedicato all’alimentazione dei bambini, che parlava del latte vaccino.
Sono stata una bambina, una ragazza, una donna, cresciuta bene anche senza sapere dell’esistenza dei Mandala. Un giorno, mia figlia me ne ha parlato: Li coloriamo a scuola. Ok, mi sono detta, sarà un lavoretto con un nome moderno. Poi, l’ho visto un mandala e mi sono convinta che fosse una roba milanese per scaricare la tensione, che hanno nel dna i lombardi. Una sera, improvvisamente, mi sono ritrovata a finire un intero album di Mandala, per evitare violenza sui minori.
Sono una madre e solo le altre madri potranno capirmi. Se esco senza passeggino, mi sento come se avessi dimenticato i pantaloni. Se ho il carrello della spesa, lo dondolo come se la lattuga si dovesse appisolare. Se vedo un’altra mamma dondolare il passeggino, dondolo sul posto. Durante la fase rem, blocco il passeggino, come quando ti viene da frenare con il piede, dopo un lungo viaggio in auto.
Parlo di consistenza di cacche e di quanto sono state dolorose le emorroidi. Così, come nulla fosse. a cena, tra amici. Se ho bisogno di condividere, posso parlare anche con una panchina o al fondo del caffè, che sono riuscita a bere, quando la gente normale va a pranzo.
Mangio patatine in busta e pezzi di cioccolata alle due di notte, sotto le coperte, dopo aver chiuso tutte le porte, per evitare che qualcuno mi senta e mi voglia depredare del mio unico momento di conforto.
Non so cosa farei senza i miei figli: l’amore per loro Infinito. Uguale uguale a quanto è infinita la rottura di coglioni, quando mi sento chiamare cento volte. Uguale Uguale a come mi sento sola quando non ci sono, anche se vorrei stare sola, pur sapendo che mi mancheranno e che già me ne pento.
Sono una madre e solo le altre madri (alcune, non tutte, ad onore del vero) potranno capirmi.
2 Comments
Capisco, oh se capisco! Soprattutto la contradditorietà dei nostri pensieri, che hai ben espresso nel finale! Coraggio, sorella madre, ce la faremo!
Ah si, quanto a pensieri contraddittori, siamo delle regine! ahaha