La sindrome del passeggino vuoto. Ci passiamo tutte, per cui già sai.
Oggi, ho accompagnato la piccola alla Primavera, con il passeggino. Più che per lei, l’ho portato per metterci sotto delle cose che mi servivano. Arrivate a scuola, come da tradizione, non mi ha neanche salutata ed è entrata subito. Io mi sono ripresa il passeggino e sono andata via.
Certo, mi ha fatto piacere questa sua serenità. Mi ero immaginata un quadro apocalittico fatto di urla strazianti, stalattiti al posto di lacrime e muco ( quello di quando piangi eh, sia chiaro).Bambina attaccata alle gambe, occhi da cucciolo abbandonato. La rassegnazione di chi, accettato il suo triste infame destino, si dirige al patibolo. Ed invece.
Sono andata via, con il passeggino vuoto. Che ne sarà di me? Tristi pensieri si insinuavano nella mia testa, senza pietà. Cosa potrò dondolare, d’ora in poi? La mattina mi capiterà di andare al parco, per guardare le babysitter con i bambini? Farò la fine dei vecchietti di fronte ai cantieri?
Ora capisco tante cose. Dalla mamma che mi fermava per strada, guardando con una disperata dolcezza una delle mie bambine neanche unenni, e dicendomi che sono momenti meravigliosi gastemava con i suoi di bambini in età da deambulazione autonoma. A quella mamma che, pur non avendo instragram e senza velleità di diventare influenzer, filia il terzo, il quarto e il quinto figlio, uno dopo l’altro, ad ogni cancello di scuola che si chiude.
Sono cinque anni che vivo come una mamma-ad- alto- contatto (anche senza allattare, portare la fascia o essere hippy) si può esserlo lo stesso, l’unico vero requisito indispensabile è non avere più una vita .. ma ora come faccio?
Dovrò indossare nuovamente delle borse, per impegnare le mani?
O meglio, ma dove caxxo si mettono le mani, quando cammini, se non hai un passeggino da spingere? Si mettono in tasca? Ci si tocca i capelli? Ci si sistema la mascherina? E quando devo salire il marciapiede ma una macchina ostruisce il passaggio, devo stringere i denti, fingendo uno sforzo o passo con nonchalance?
La sindrome del passeggino vuoto.
Senza nessuno che lo occupi, ti accorgi di quanto mixxia sia sporco. Briciole e pezzi della qualunque, macchie di qualsiasi foggia e colore. Uno scontrino del 2015 infilato in un buco. Altro che Covid. Se non si sono ammalate lì sopra, nulla può abbatterle. Anzi, è probabile che il virus sia scappato da qualche passeggino non da un laboratorio lustro di Wuhan.
La sindrome del passeggino vuoto.
Dove potrò sistemare i pacchi della spesa, se non lo porto con me? Se non posso usare il cestino sotto il passeggino, i fardelli di acqua da 12 litri, dove li metto? Mi toccherà usare gli avambracci?
La sindrome del passeggino vuoto.
Che poi lo so che le maestre potrebbero chiamarmi a minuti, se la bambina dovesse piangere. Ho controllato già diverse volte, ma il cellulare non mi dà chiamate perse. Forse mi conviene telefonarmi per vedere se il cellulare funziona.
Un pò come ai tempi degli stroxxi che non ti richiamavano e tu eri convita che non prendesse la linea o fossero stati investiti da un’auto impazzita. Con l’immancabile amica che propendeva per un’epica avvenuta tipo: protagonista di una rapina, nella quale aveva fatto scudo, con il proprio corpo, per salvare una donna incinta. In coma, in ospedale, aveva pronunciato il tuo nome, come ultima parola. Ma a causa della voce flebile, nessuno era riuscito a sentirlo.
La sindrome del passeggino vuoto.
Che poi lo sai che quest’anno i bambini saranno più a casa che a scuola. Che insegnerai loro a starnutire a voce bassa o a simulare gorgheggi, per camuffare colpi di tosse.
Dirai loro di asciugarsi il naso con il polsino della manica, non appena la maestra si girerà e a mettersi a metri di distanza da un compagno che sta facendo la stessa cosa.
Lo sai che la vita di quel passeggino, proprio quest’anno, non potrà venire meno. Ha tutto un infernale inverno che lo vedrà protagonista di mille avventure: tutte le volte che te la faranno riprendere perché non vuole dormire o perché ha pianto o perché ha starnutito in faccia all’intera classe, mentre non aveva il benché minimo sintomo di allergia o influenza, fino a qualche minuto prima.
Eppure, ti senti così. Un pò vuota. Felice per loro, malinconica per te.
Non ti rimane che fissare i cantieri e controllare la linea telefonica. Se non ti chiama la scuola, magari ti chiama l’ospedale, per passarti quel coglxxne che non ti ha richiamata nel ’98, ma che davvero ti aveva pensata tutto quel tempo.
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