Da quando sono mamma, ne ho conosciuto di altre mamme. Di qualsiasi età, colore, provenienza e fattezze varie. Con prole da guinnes dei primati – in termini numerici o di qualità del prodotto sfornato- a quelle più prudenti- uno ma buono. Mamme strxxxe (perché non è che divenute donatrici di vita si diventi tutte come la Madonna) e Mamme buone e pazienti (nonostante i figli che fracassino la qualunque, decidono di tenerli a casa). Mamme di tutti i tipi. Ma sapete cosa accomunava tutte? No, non l’amore per i figli, nonostante il beneficio del dubbio, ma il rapporto con la suocera. L’unico rapporto fra mamme che, come il linguaggio dell’amore, è universale: Difficile, quasi sempre.
Lo anticipo già da ora, non è un post autobiografico, al quale voi commenterete:
Io amo mia suocera più di mio marito ed il miei figli. Se dovessi buttare da una torre qualcuno e dovessi scegliere fra lei e mia madre, mio padre, i miei nonni ed i cani, io salverei lei: appiccherei un bel fuoco a casa dei miei (di notte, mentre tutti dormono, così che non possano scappare) e, la mattina dopo, andrei a lanciare i resti da una torre.
No. Risparmiamocelo. Facciamo che leggete e basta, cosicché non siate costrette a scrivere cose che l’amica del cuore potrebbe sbugiardare in mezzo secondo!
Anche perché questo non è un post contro le suocere. No, affatto. E’ un articolo dedicato a comprendere dove e quando nasce la suocera. Quella donna che è stata una bambina deliziosa, una ragazza brillante, una compagna, una moglie determinata ed amata alla quale, ad un certo punto, le si è spezzato il cuore.
Come un un film della Marvel o simili, spezzandosi qualcosa dentro, si è trasformata. Lei, ad un certo punto, non è più Lei. La sua è una metamorfosi genetica, avventa a sua insaputa.
E qual è quel momento in cui una donna, una mamma come noi, diventa tale?
Semplice. Tutto comincia con il principio di una vita, quella che mette al mondo: quando le nasce Il Figlio Maschio.
E no, questo non è un post contro i bambini, i maschietti, perché tutti i bimbi sono cuore di mamma, anche di chi ha figlie femmine o di chi figli non ne ha proprio. Il problema è che quel figlio, ad un certo punto, diventa un maschio proprio.
Comincia a non trovare più il calzino, non lo vede. E’ distante manco mezzo metro, ma nulla. Non ce la fa.
Per fare il figo con gli amici, comincia a parlare male delle ragazze: il giorno prima era indifferente, il giorno dopo, condivide imprese sentimentali (biblicamente parlando) mai avvenute, facendo nomi e cognomi ed indirizzi e codici fiscali.Violando la privacy di ignare figure mitologiche. Parolacce sessiste a profusione, per sembrare più grande.
Ma queste sono inezie: la mamma è un essere superiore, non sta a scandalizzarsi per queste sciocchezze, del resto, è sopravvissuta alla sua adolescenza, può sostenere molto di più.
Il momento in cui le mamme diventano suocere, il momento in cui avviene la metamorfosi, in cui promettono di dare del filo da torcere alle altre donne, nella persona della futura ragazza, fidanzata e moglie del figlio, è il momento in cui saranno costrette a dare in locazione, un angolo della propria casa, ad un rettile.
Ha tenuto duro, nonostante tutto, sino a quel momento. Quella mamma sapeva che se avesse avuto una femmina (e magari la ha anche) anche lei non avrebbe visto il calzino ad un palmo dal suo naso (ok, nei primi cinque anni di vita soltanto, ma non guardiamo le sottigliezze) o che avrebbe parlato dei ragazzi come non si dovrebbe mai parlare in pubblico. Il problema è altro: il pitone reale, l’iguana, il geco.
E’ troppo, anche per lei. Il rettilario è quel fendente di troppo che giustifica un crollo. Un crollo che diventa una promessa di vendetta. Una vendetta a sangue freddo, come gli animali con i quali è costretta a condividere il mutuo. Una vendetta contro quella che diverrà l’altra donna nella vita del figlio.
Il rettilario è una mannaia. Sorvoliamo pure sul fatto che non c’è stato spazio per una cabina armadio per sta povera donna ma si è trovato per una cosa tanto inutile o che lei, da bimba, non ha avuto la casa di Barbie, e ora ha dovuto accontentare il figlio sulla casa dei mostri.
Ma per quanto vuole e deve sorvalare, non può farlo su tutto.
Deve comprare topi per sfamare serpenti. Deve sentire il figlio che dice che non trova più il serpente, anche se la rassicura dicendole tanto l’animale è in casa, lo ritroveremo dove meno ce l’aspettiamo.
Lucertole, Salamandre, Camaleonti.
Il marito che gongola come fosse il figlio. Forse è il figlio. Non lo sa più neppure lei. Costretta a fare colazione, come se stesse su National Geographic, la sua confusione è più che giustificata.
Cerca di capire, all’inizio: è curiosità, è contatto con la natura, è l’incipit alla sua carriera scientifica. Altro che casa di Barbie: vedranno le altre mamme, le altre donne, che quel serpente che non si trova, nascosto chissà in quale vano della dispensa, farà la differenza salariale fra mio figlio e le loro!
Razionalizza, ci prova. Poi, quando meno se l’aspetta, quando è convinta che questa passiona passeggera si sta per concludersi, ma il figlio le chiede di popolare ulteriormente il mondo degli animali a sangue freddo, crolla.
Con quel crac è ufficiale, non è più una mamma comune: è diventata una suocera.
E vi darà fil da torcere. Si presenterà amabile, dolce premurosa. Vi aprirà le porte della sua casa, come foste la figlia, vi preparerà qualche piatto familiare, per farvi sentire a vostro agio. Deve fare di tutto perché voi non sospettiate. Non scappiate.
E, una volte nelle sue braccia, come una boa constrictor, vi stringerà, facendovi scontare tutto.
Il rettilario, la pelle morta di post muta, presa in mano convinta fosse l’angolo del foulard, la casa di bambole che da ragazza non ha mai ricevuto.
Vi darà una mano con vostro figlio, suo nipote, solo quando la mano non vi servirà. Vi dirà che il taglio ai capelli di vostro figlio non si può vedere, quando è certa lo abbiate fatto voi. Vi darà una serie di consigli non richiesti, vi farà osservazioni che vi feriranno, sapendo benissimo cosa dice, perché anche lei ha subito lo stesso. Farà in modo che voi litighiate con il figlio, senza grosso sforzo, perché sa che il figlio, in quanto maschio, non sarà mai in grado di schierarsi, per cui non vi dirà quella parolina che vi serve per calmarvi, per dare il giusto peso ad una faccenda assolutamente risolvibile.
All’apparenza è ancora una donna, una mamma. Magari è ancora giovane e di bell’aspetto. Magari è una dolce signora avanti con gli anni, posata e rassicurante. Invece è una suocera.
E, dopo tutto quello che ha dovuto subire, con e senza testuggini varie, avendo vissuto la genesi del maschio, io, in fondo, la capisco e sono dalla sua parte.
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