“Caro Babbo Natale, mi chiamo Matteo, sono stato buono quest’anno. Ho fatto arrabbiare mamma e papà, ma solo un paio di volte. Sono bravo e prometto di comportarmi sempre meglio. Ti scrivo quello che vorrei quest’anno : un drone, una bicicletta, una valaganta di macchinine, tre etti di dinosauri, quattrocento di mostri, e.. “.
Matteo si potrebbe chiamare Giovanni come Elisabetta o Giulia. Poco importa che abbia chiesto qualcosa di Frozen o i PlayMobil. Lui, come sempre, desidera oggetti con due caratteristiche principali. Inutili e Ingombranti.
Ed è per questo che la lettera che avrà scritto, sotto il sapiente e dolcissimo sguardo della mamma o del papà, non sarà mai inviata. La mamma, che essendo una donna, spera sempre nel miracolo, la lettera la spedisce davvero. Mette il francobollo e la imbuca, ma non è quella del figlio. I mittenti sono i suoi procreatori.
“Caro Babbo Natale, sono io. Mi riconosci? E’ passato molto tempo, dal nostro rapporto epistolare. E la stima che ho per te non è più quella di un tempo. Ti ricordi Barbie Casa-Ufficio? Io non te l’avevo chiesta ma niente, tu me l’hai portata. E ora che l’unico tragitto che faccio è da casa ad ufficio senza manco più una fermata per uno Spritz, sento che hai preso per i fondelli una bambina di 8 anni. Sono cose che non si possono perdonare!
So anche, da un pezzo, che la vita può essere più dura di scoprire che Gira-La Moda, l’hanno preso mamma e papà all’Upim. Niente camino, niente renne, niente elfi.
Ma io devo pure aggrapparmi a qualcosa, ad un sogno. Lo devo all’adolescente che vive in me.
Quest’anno vorrei che a Matteo non portassi un caxxo di quello che ti ha chiesto. E non perché lui non se lo meriti ma perché siamo io ed il suo papà che non ce lo meritiamo.
Babbo Natale, noi non ce la facciamo più. Questa lettera è un grido di aiuto. Siamo sepolti in casa da giochi. Ci sono cose che mettono in pericolo le nostre vite, soprattutto la sera, al buio. Giocattoli che ci hanno provocato distorsioni, ematomi, traumi alla caviglia, ginocchio del tennista, gomito della casalinga, tallone d’Achille.
Lego, palline, omini e macchine dalle dimensioni infinitesimali che, in modo inversamente proporzionale alle loro fattezze, feriscono, abbattono, uccidono.
Mio marito, che è alto 1,90 per 100 chili, l’anno scorso, è stato ricoverato per trauma cranico, dopo essere scivolato su una sua macchinina.
Io sono stata oggetto di abrasione della cornea più di una volta, a causa della mano di un personaggio di non so manco cosa e chi caxxo glielo ha regalato, che lui mi sventolava ad un millimetro dal viso, per attirare la mia attenzione.
Siamo delle brave persone. Non ce lo meritiamo.
Ti chiediamo di non portaci più:
–Giochi che si smontano. Vogliamo solo cose che non possano perdere altre cose. A casa ci sono pezzi non identificati, in ogni angolo. Pezzi piccolissimi ma con un grande potenziale di incasinamento. Non possiamo buttarli, hai visto mai che da quelli dipenda la funzionalità di un giocattolo importante o dell’apparecchio acustico del nonno.
–Giochi sonori e luminosi. Ci fanno meno paura le bambole con la faccia di ceramica, che ci fissano alle tre di notte, mentre girano la testa a 360°, ghignando, che l’aeroplano luminoso che suona mentre cerchiamo di prendere sonno.
–Giochi di plastica e giochi di legno. Lo so, così ti rimane quasi nulla. Non è un caso, riflettici. I Giochi di plastica li hanno inventati per rompere i coglxxxxni alle famiglie. Quasi sempre enormi, sono indistruttibili e non si ha mai la scusa per buttarli. I Giochi in legno bucano e graffiano l’altro legno: quello del parquet per il quale ci siamo indebitati.
– Non portare riviste, giornaletti vari, con quegli omaggi inclusi che ti fanno perdere fiducia sull’umanità. Quale essere immondo, ci domandiamo ogni volta, ha potuto immaginare nella sua mente, un giornaletto di 5 pagine, al prezzo di 5,99 €, con un gadget del valore di 1 centesimo. Cannocchiale, Walkie Talkie, Macchina fotografica, Cellulare. Sempre le stesse maledette quattro cose che si rompono non appena si prendono in mano, e con effetto deflagrante: pezzettini ovunque. Pezzi che si accumulano e che di nuovo non si possono buttare. Dopo venti minuti non sai più cosa siano e rimangono lì. Oggetti sacri, che ti ritrovi ovunque, anche nel tuo cassetto della biancheria, o in frigo.
Lo possiamo dire, senza peli sulla lingua, i regali solidali come le adozioni a distanza. non sono atti davvero altruistici. Sono mossi da puro spirito di sopravvivenza, il tuo. Convinciamo i nostri figli che così facciamo opere di bene, che è meglio dare che ricevere. Ma la verità è che questi regali sono volatili, impalpabili. Non hanno forma e peso e colore e ingombro. L’idelale per mantenere la pace in famiglia ed evitare scivolate notturne.
Caro Babbo Natale, anni fa, ti chiesi la casa di Barbie, quella con l’ascensore, ricordi? Non me l’hai mai portata. Hai preferito la piscina di Barbie che faceva le bolle, ma manco tanto convincenti. Io credo che tu mi sia parecchio debitore.
Mi hai portato Cluedo e Hotel, alimentando in me grandi aspettative: sarei diventata una criminologa ed un medico legale, con i soldi delle comparsate televisive, sarei diventata un immobiliarista di Palm Beach.
Caro Babbo Natale, sei il primo uomo che mi ha deluso. Hai spezzato il cuore di molte bambine che oggi, da mamme, ti chiedono il conto.
Carissimo, facci un favore, non ci portare un ca**o di niente, e ci mettiamo una pietra sopra”.
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