Ieri ho visto, su Netflix, Pieces of a Woman. Un film che non devi vedere, ti avviso ora, se sei in attesa. Io, dopo aver letto una sinossi scritta da chi il film evidentemente non l’aveva visto, ho deciso comunque di buttarmici. E l’ho fatto, consapevole dei pianti che mi sarei fatta, perché lì sotto ho chiuso i battenti a quattro mandate.
Pieces of a Woman è un film straordinario. Ottimo tutto, dalla fotografia agli attori, ma ciò che lo rende meritevole di plauso, è l’aver trattato un tema di cui non si parla mai. Un maledetto tabù. Un parto che finisce con un figlio che ti muore tra le braccia.
C’è qualcosa di più orribile? Può darsi. Ma certamente se la gioca con un evento terribile, capace di devastare tutti quelli che si sono trovati attorno a quel bambino. Capace di strappare la felicità alla mamma, al papà per molto, troppo tempo. Qualcosa di cui non vorremmo mai sentir parlare ma che, se accade e proprio in quanto accade, è meritevole di discussione. Per aiutare. Per far capire che non si è i soli.
Pieces of a Woman. La Storia.
Pieces of a Woman comincia con una bellissima mamma che sta per partorire. Con il compagno, hanno deciso che il parto avverrà in casa. Luci soffuse, musica di sottofondo. Con l’arrivo delle contrazioni e la rottura delle acque, chiamano l’ostetrica di fiducia, che scoprono impegnata in un altro parto. Arriva, subito dopo, una sostituta che rassicura la donna, monitora il battito, dà alcune indicazioni al futuro papà, e prepara il letto per il parto.
La coppia si trasferisce in bagno, la donna si immerge in acqua calda, bacia il compagno, urla per il dolore. In seguito, i tre si ritrovano in camera da letto dove, pochi minuti dopo, l’ostetrica si accorge della sofferenza del battito e dice all’uomo di chiamare un’ambulanza. Nel frattempo, la donna partorisce. Giusto il tempo per risollevare l’umore, soprattutto quello dell’ostetrica che, forse impreparata ad una cosa del genere, aveva esitato qualche istante prima di far chiamare l’ambulanza, e la piccola muore fra le braccia della mamma.
Da quel momento, il dolore, che non lascia mai sola la donna, alle prese con mutande assorbenti e il seno colante, devasta la coppia. Lui, privo di ogni strumento per aiutare se stesso, non è un grado di sostenere lei. Lei, che è sempre più sola, che non è capita dalla mamma, dalla sorella, da nessuno, combatte per sopravvivere, senza sostegno, senza comprensione alcuna.
E’ un film che non racconta imprese epiche, non ha location stupefacenti, Pieces of a Woman è solo un racconto del dolore, del dolore primordiale e questo gli basta per essere travolgente.
Pieces of a Woman racconta il dolore di cui non si parla mai. Quello da tenere nascosto come fosse una colpa, quello che strappa prima una vita, e poi l’unione delle persone che quella vita l’aveva desiderata.
E non importa che si tratti di un parto in casa o di una potenziale ostetrica impreparata, di un compagno rozzo o di una nonna invadente. Non importa di chi sia la responsabilità, perché nulla può cambiare, nessun se può far tornare indietro.
Ieri ho visto, su Netflix, Pieces of a Woman. Un film che non devi vedere se sei in attesa, perché è devastante. E’ dolore allo stato puro, un dolore di cui però abbiamo tanto bisogno di parlare. Perché più comune di quello che si possa immaginare e nessuna donna deve essere lasciata sola o deve pensare di essere la sola.
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