Ero un pò indecisa se scrivere o meno questo pezzo. Mi era già venuta una mezza emicrania venerdì, parlando dello stesso argomento. Per questo, avevo pensato di evitare. Però, oggi, alle parole di quella nonna, parole che mi hanno trovato impreparata, motivo per cui non sono riuscita a dirle quello che pensavo, mi è salita una rabbia che, forse, scrivendo ora, mi potrebbe sfumare almeno in parte.
Ve lo domando: ma per voi, la scuola (sia essa materna che secondaria) è una fottutissima babysitter cui lasciare i bambini ed i ragazzi o una cazzo di istituzione, un luogo dove permettere ai nostri figli di imparare? E non importa se quello che si insegna è la relazione con l’altro, il rispetto reciproco, lo sciogliersi dei primi conflitti o la storia, l’analisi, o il diritto pubblico.
Per il governo centrale e i presidenti di regione è chiaramente un cazzo di baby parking, dove mollare mocciosi, futuri bamboccioni. Loro la chiudono la scuola, non si capisce più se per un’emergenza sanitaria, la necessità di vaccinare o come naturale risposta a qualsiasi domanda.
Bisogna limitare i contagi, cosa facciamo? Chiudiamo la scuola. Mi stanno sul culo i bambini, che si fa? Chiudiamo la scuola. Che tempo fa oggi? E che ne so, ma chiudiamo la scuola. Mi puoi passare il sale, tesoro? Si, aspetta, che prima chiudiamo la scuola.
La mancanza di un progetto chiaro, la mancanza di una comunicazione semplice, convincente e coinvolgente, non può che portare a pensare questo.
Appurato che per i politici la scuola sia questo (e come dargli torto, visto che lo sanno che per arrivare ai loro livelli, non è la preparazione e la cultura a pagare, ma la dura legge della strada, dove vogliono far crescere i nostri figli) io domando a voi genitori che cazzo sia la scuola.
Perché se poco poco la scuola la considerate un luogo importante dove imparare cose e nozioni, non potete accettare una scuola per categoria.
Una scuola la cui presenza è garantita solo al figlio del medico, o in base al codice ateco della professione del papà, o solo se entrambi i genitori lavorano. No! Se per voi la scuola è un diritto da garantire, un diritto violato troppo spesso, non potete urlare il vostro sdegno oggi, ma domani fare a spallate per fare entrare vostro figlio a scuola, a dispetto del compagno di banco che ha i genitori disoccupati.
Giovedì scorso, in mattinata, abbiamo saputo che i bambini milanesi non avrebbero più potuto frequentare la scuola. Venerdì pomeriggio, ho scoperto che, in base ad una circolare del ministero, alcune categorie di genitori, potevano chiedere che al proprio figlio fosse garantita la presenza. E mentre io mi domandavo che follia fosse questa, della scuola ad intermittenza, una scuola in cui si gioca a chi sei tu chi sono io, sicura che nessuno avrebbe accettato questa ignominia, venivo a sapere che tantissime mamme stavano spulciando tra i codici ateco delle proprie professioni per sapere se potevano approfittare di questa possibilità.
L’immagine vergognosa, di quella vergogna vera nel senso più autentico (il fatto che il proprio comportamento sia legale, ahimè, non è garanzia di purezza d’animo, conoscendo la stoffa dei nostri legislatori, semmai qua cominciamo a rischiare il contrario) mi rimandava a certe scene di film drammatici.
Nave da crociera, salone da ballo, coppie che si stavano formando, occhi negli occhi, carezze ai pargoli altrui, abbracci affettuosi fra nuovi amici, sino all’incendio. Il tempo di sentire le sirene, il tempo di annusare nell’aria il panico, il mors tua vita mea, le persone diventano folla che si calpesta per arrivare prima alla scialuppa. Travolgendo, in una folle corsa lì almeno giustificata dalla brutta fine, l’amato del minuto prima, calpestando il corpicino del pargolo dell’attimo precedente.
Ecco, cari genitori che pensate la scuola come un baby parking, che inondate la casella della posta dei dirigenti scolastici, chiedendo sia garantita la presenza a vostro figlio, perché fate quel tale mestiere, sappiate che con quella mail state calpestando il diritto alla scuola di tutti i bimbi che saranno esclusi. State calpestando gli altri bimbi. Non importa se ve ne sia concessa facoltà dall’alto, perché io non ve la dò. Perché voi dovete combattere al fianco di tutti gli altri genitori, per chiedere il diritto alla frequenza di tutti. Per tutti.
Ma arriviamo alla nonna di cui vi raccontavo all’inizio.
Mi vede, lo sa: ho due bambine, come lei ha due nipoti. Io la conosco, nel senso che l’ho sempre vista con i suoi amati nipotini. Ho visto lei, il marito e la babysitter. La mamma dei bambini non l’ho mai vista, il papà, un paio di volte. La gestione dei bambini è affidata ai nonni e alla tata. Questo per me non è un problema, ognuno fa quel che può e quel che vuole. Ed è conoscendo la gestione che mi urta quel che dice:
” Mio figlio e mia nuora lavorano in ospedale, avevano detto che per la loro categoria ci sarebbero state delle agevolazioni, ma ancora nulla .. io e mio marito abbiamo da fare e la babysitter mica può stare dodici ore. Come si fa con questi bambini, noi ne abbiamo due”.
In pratica, la signora sta dicendo a me, che pure essendo in tre a badare ai due nipoti (anche senza emergenza covid) ai sui nipoti la scuola deve essere garantita, in virtù del lavoro del figlio e della nuora, che comunque non stanno con i figli manco in tempo di pace, mentre io (che in quanto non medico appartengono alla categoria dei poracci, qualunque lavoro faccia) posso andare a morire, nell’esaurimento più totale. Mi sta dicendo che la scuola non è un luogo importante per tutti, ma solo per i suoi nipoti. Non è un luogo dove socializzare e scolarizzarsi, ma un luogo dove lei e il marito e la baby-sitter possono lasciare i bambini, mentre noi altri abbiamo la scuola della strada. Perché lei domani ha fare, me lo ha detto, io invece devo andare a farmi le unghie. Fosse pure, poi!
Un Paese che ” Chiudiamo la scuola” è la risposta pure alle previsioni del tempo, già ha diversi problemi. E qui non si nega che se c’è da chiudere, da sacrificarsi ancora una volta, vada fatto, ma bisognerebbe capire bene i criteri, il perché ed il per come, per poterlo accettare serenamente. Un Paese che chiude un cancello con la stessa leggerezza con la quale si chiude una relazione estiva, ti fa capire quale priorità si dia alla scuola come luogo importante per il suo di futuro. Un Paese che dà facoltà ad alcuni bambini e ragazzi di frequentare, in base al lavoro dei genitori è ancora più vergognoso, spingendo le mamme ed i papà a combattere fra loro.
Perché vi spiego una cosa, qualora, arrivati sin qui, non lo aveste capito (o meglio, non abbiate intenzione di accettarlo): il lavoro che fate non può precludere la scuola al figlio di un altro, perché è disoccupato, o è un fattorino, o è un architetto o è un genitore singol che fa il cassiere, o è una mamma al sesto mese di gravidanza, con altri tre figli che invece devono fare la dad a turno, su dispositivi che mancano e la connessione che salta.
Non importa che facciate manco il medico. No, cari. Perché allora io vi chiedo che tipo di medico siate e dove lavoriate e come lavoriate. Lavorate in un reparto covid, con vocazione e professionalità e non avete nessuno che si possa occupare dei vostri figli? Ok. Gonfiate le labbra ed alzate gli zigomi nello studio privato? E ni. Il figlio ve lo portate in studio, come fanno gli altri genitori, e chiedete alla segretaria (immagino sia donna, chissà perché) che prima lo faccia colorare e poi gli accenda il pc per seguire la lezione.
No, cari genitori. La scuola è un bene, un diritto universale. Fare regole diverse non aiuta nessuno, neanche voi. Perché sapete qual è la mia paura più grande? Che se noi oggi accettiamo questa regola, pensando sia autorizzata da un’emergenza, lentamente, l’istruzione ed ogni altro diritto costituzionalmente garantito, possa subire delle flessioni in base al reddito o alla categoria che si vuole favorire al momento.
E questo è pericoloso per tutti, anche per chi, oggi, è felice che il proprio figlio possa andare a scuola, mentre un altro no.
Se non lo capite, avremo tutti dei grossi problemi. Si, tutti. Anche voi.
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