Ci avete rotto er cà, con questo body positive!

Qualche giorno fa, ho visto una trasmissione nella quale si parlava di Body Positive: il tormentone del momento, nel bene e nel male! Si parlava di una nuova moda, quella di disegnarsi le occhiaie, anche lì dove le occhiaie non potrebbero mai esserci, anagraficamente parlando, spacciandolo come fenomeno di Body Positive.

Ma cos’è davvero il Body Positive e cosa c’entrano le occhiaie (che non ci sono, ma vanno appunto disegnate) le lentiggini, il diastema dentale, delle modelle o  l’addome pronunciato nelle pubblicità dei costumi da bagno?

C’è qualcosa che non mi convince nell’uso pubblicitario del Body Positive, per ripulirsi la coscienza dai disastri generazionali, quasi tutti femminili.

Cosa vuole dire Body Positive?

Il Body Positive è una filosofia, un movimento che spinge ad accettarsi per quello che si è. Un’accettazione non passiva, ma, appunto, positiva del proprio corpo, a cui dobbiamo voler bene anche se diverso dai canoni ai quali siamo state assoggettate per anni.

Per carità, i modelli estetici che separano, alla maniera di Mosè, le donne in belle e brutte, a seconda di quanto stabilito dagli uomini, c’è sempre stato. Nella storia si sono susseguiti modelli diversi ma, certamente, i modelli pubblicitari degli ultimi due secoli ci hanno letteralmente affossato.

Il modello dell’ultima parte del XX secolo e di questa del XXI secolo, è uno solo: donna, alta, gambe lunghe, sprovvista di fianchi, con un seno importante, giovanissima …. che ve lo dico a fare. Tutto quello che questo non è, infatti, praticamente non esiste in tv, salvo rari casi, e ancor meno nelle pubblicità. La cinematografia, poi, ricalca la moda: senza scomodare i cinepanettoni, l’attrice di qualsiasi film italiano, per incarnare il ruolo di un personaggio desiderato e desiderabile, non può allontanarsi troppo da quelle misure.

Un altro binomio sulla bocca di tutti è il Body Shaming

Il Body Shaming, in soldoni, è un’offesa, una presa di mira, basata sull’aspetto fisico. Body Shaming e Body Positive sono strettamente legati: vien da sé che se viene imposto, con una prepotenza quasi militare, una bellezza femminile dalle caratteriste precise, millimetriche, tutto quello che esula, che sbava, in ascisse come in ordinate, non è bello, non è cosa buona e giusta, è sbagliato. Per cui può essere denigrato, offeso, discriminato.

Anche per combattere questo fenomeno, che sicuramente attraverso i social si è inasprito, è nata nella moda, da sempre priva di anima, l’intento di riscattarsi dal ruolo di mamma cattiva, che vuole tutte le sue figlie uguali.

Ed è così che arriviamo a fenomeni strambi come le pubblicità dei costumi da bagno con donne bellissime, taglia 48; quella di modelle splendide con il diastema dentale e roba simile.

La moda, la televisione, il cinema siccome non ce la fanno proprio, fingono di scardinare i modelli di bellezza femminili, ma in realtà ne aggiungono altri. In pratica, non ci dicono che abbiamo valore a prescindere dal nostro corpo, che non esiste un unico modello di bellezza. No, affatto!

Loro ci dicono che se non siamo 1.70 cm, con l’irrinunciabile 90-0-90, possiamo comunque farcela, se abbiamo un viso stupendo, il baricentro altissimo, ed abbiamo le lentiggini o siamo pochino curvy. Un pochino però eh, con un curvy ipertonico!

Sotto il Vestito Niente

Effettivamente, un’anima dalle passerelle non possiamo aspettarcela. Il problema è quando dalla passerella, quel modello arriva nelle nostre case, alle nostre figlie, ma prima ancora a noi, elevandosi con l’autorevolezza della tavola dei dieci comandamenti.

Il problema è quando: se siamo raggio al quadrato per 3,14, se siamo basse, se siamo piatte come la tavola da surf, siamo da prendere per il culo. Del resto, con queste caratteristiche, a guardare la tv, parrebbe nn esistere nessuna donna al mondo!

Non possiamo sempre guardare il nostro corpo come fosse un nemico da combattere, un figliol prodigo da coccolare, solo quando dà risultati dopo una dieta. Non possiamo giudicare così, noi e le altre donne.

Io non credo proprio che sia giusto spacciare modelle “curvy” come “normalità”, come un volemose bene, anche se non siete perfette (poracce, non è colpa vostra, sembra dire la pubblicità, se non siete fighe, i costumi ve li vendiamo comunque)

La vera accettazione del corpo femminile non è questa: Ccà nisciuno è fesso!

Lasciateci in pace! Avete rotto tre quarti!

Non fateci vedere, sui cartelloni, in tv, ridicoli spot di donnoni, con la pancia sporgente: perché non è l’adipe localizzato il problema dell’accettazione del proprio corpo! Suvvia.

Fateci vedere una trasmissione televisiva presentata da una donna molto al di sotto del metro e settanta che non sia una comica. Vogliamo vedere un’attrice che possa interpretare il ruolo della donna desiderabile anche se grassa, che è ben diverso da curvy; una giornalista sportiva con connotati fatti di carne, che non si sia sottoposta a punture sulle labbra e al seno per poter lavorare!

Pretendiamo di vedere le ragazze felici di essere quello che sono. Vogliamo assicurarci che i ragazzi, gli uomini, siano in grado di godere dell’uso del proprio senso critico, e prima tutto dell’uso della vista, svincolandosi dall’idea che debba piacere loro solo quello che viene trasmesso da Ciao Darwin.

Non vogliamo più considerate la cellulite una malattia terminale. Le rughe, lo step precedente al coma vegetativo. La pancia, il sintomo di un brutto male, che è meglio che non lo cerchi su google. La bassa statura, come lo zio un pò matto che fai finta di non conoscere. Un viso irregolare come una roba che è venuta male.

Noi ci siamo rotte la minchia delle professoresse di Rai Uno, che non abbiamo ancora capito a quale scuola insegnino. Non ne possiamo più, delle concorrente dei reality tutte identiche. Della rappresentata femminile dei programmi di Bonolis meglio tacere, perché lì il problema è il pubblico.

Tenetevi le curvy e le lentiggini e le occhiaie e gli incisivi separati. A noi, scusate il giro di parole, interessa non essere ossessionate dal vostro e dal nostro interesse per come siamo fatte.

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