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Genitore 1 Genitore 2: l’apprensiva e quella che se ne sbatte

Genitore 1 Genitore 2. Dimenticate i significati attribuiti dalla politica. In realtà si tratta di due tipologie di mamme (o papà): l’apprensiva e quella che non se ne sbatte una mazza. Sono l’eccezione che conferma la regola: sono i due opposti che non si attraggono. Anzi. Si guardando di sbieco, con disprezzo e molta circospezione.

Se fossero partner in una coppia, in una coppia con figli in comune si intende, ci sarebbe un giusto equilibrio nella gestione della prole, nella sua educazione, tra lo sprezzo del pericolo, da un lato, ed una prudenza calmierata, non eccessiva, dall’altra. In pratica, i figli crescerebbero gustandosi ogni grammo della vita, senza timore, ma anche senza mettersi mai nei guai, avendo presente i limiti imposti dalla società ma anche i propri.

Il problema sussiste quando Genitore 1 Genitore 2 sono due mamme (o due papà) che gestiscono figli non in comune. Ciascuno affosserà il proprio figlio con l’impronta del proprio eccesso, al rischio di danni alla società procurati da entrambi. Verrano emessi svariati decreti ingiuntivi per i danni causati dal bimbo di Genitore 2 e per lo psicoterapeuta della mutua, mai pagato, dopo gli anni di assistenza al figlio di Genitore 1.

Ma scopriamoli insieme, sti fenomeni, e siccome non siamo persone normali, cominciamo da Genitore 2.

Genitore 2: Quello che non se ne sbatte una mazza

La mamma (o il papà) che non se sbatte il cazzo, è sostanzialmente una brava persona, che, attraverso il proprio stile di vita, e l’educazione che impartisce al figlio, vuole far tornare tutti al concertone degli anni 60. Figli dei fiori. Sesso libero. Quello che è tuo è anche mio. Niente costrizioni dovute all’articolo  832 del codice civile, sul diritto della proprietà (dell’altro, si intende). E lo fa perché è convito (o finge di esserlo, non l’ho ancora capito) che l’essere umano, nella persona di suo figlio, deve essere libero, uscire dagli schemi, per mettersi in mostra, sperimentare, per capire se stesso e vivere felice, se poi viola il diritto dell’altro o della collettività … bè, ma sti cazzi. Non importa che Genitore 2 sia molto ricco e che, a sfregio di tutto e tutti dopo aver sfasciato le panchine del parco, sotto la sua attenta supervisione (che consiste nel dare le spalle al figlio, mentre parla con altri Genitori 2) torni a casa in un appartamento ben tenuto, immacolato, di 300 metri quadrati con terrazzata e altre amenità.

La mamma (o il papà) che se ne sbatte il cazzo si caratterizza per il non redarguire mai il figlio, esaltare le sue doti di spregiudicatezza, mettere in luce la propria e la sua leggerezza di pensiero (o assenza di pensiero, non ho capito manco quello), facendo sentire Genitore 1 sempre inadeguato, ma anche un pò incazzato, perché per lui, il rispetto delle regole, fosse pure sull’attraversamento pedonale delle fornice, sono alla base del concetto di prudenza e rispetto.

Genitore 2, quando è in giro con il proprio figlio, da 0 a 90 anni, non lo guarda mai. Non lo fa perché è alla base della sua filosofia di vita: il figlio deve sperimentare, vincere le proprie paure da solo, abbattersi, senza filtri, contro gli eventi nefasti della vita o i camion in doppia fila. Tanto, per la legge di Murphy, lei lo sa, al figlio non succederà mai un cazzo. Semmai, rischia più il camion. Di bimbi e ragazzi rapiti, o che abbiano approfittato dell’assenza dei genitori, per compiere atti indicibili, non ne conosce. O meglio, è sicura siano figli di Genitore 1.

Quando il figlio di Genitore 2 abbatte gli alberi, ruba prende in prestito oggetti altrui, si allontana di diverse miglia dall’adulto o fa lo slalom tra tir e auto in strada, la mamma (o il papà che non se ne sbatte una minchia) è sempre preso da altro di più importante. Visualizzare criceti che corrono nella gabbia; rimuovere l’ultimo pilastro di ratio; focalizzarsi sulle doti della sua prole; pensare al cazzo che gliene frega.

Gli amici del figlio di Genitore 2 possono anche essere i figli di Genitore 1 e qui il fatto si fa complicato. Per Genitore 1, si intende.

Genitore 2 piazzerà, fingendo sia frutto del caso, e non di un preciso piano malefico, il proprio figlio al seguito di Genitore 1. Più e più volte, annunciando di ricambiare alla prima occasione. Va detto, per onestà intellettuale, che lo dichiara con sincerità, solo che questo non avverrà mai, per due motivi. Il primo è che Genitore 2 è sempre impegnato, ricordate a fare cosa giusto? Visualizzazioni, Focalizzaioni e simili. Per questo motivo, o si è tempestivi, lanciandogli il proprio figlio  dall’auto corsa, mentre Genitore 2 ha appena finito di dare una pacca sulle spalla del criceto, o non ce la si fa. Il secondo motivo riguarda quel senso di pericolo che, Genitore 1, avverte nel consegnare il proprio figlio al vuoto di accortezze caratterizzante di Genitore 2.

Il sillogismo vuole che se lui o lei non guarda il proprio figlio, figurarsi quello di un altro. Il rischio che riporti indietro un altro bambino, al posto di quello affidatogli, è piuttosto concreto. Nel dubbio, si evita. 

Genitore 1: Quello che il pericolo è il mestiere di un altro

Ma veniamo a Genitore 1. Anche lui, come l’altro archetipo, è una brava persona. Non vuole far del male a nessuno e questo è il suo mantra. Chiede sempre permesso, dice grazie e prego, perché ha bisogno della certezza dei frutti che, a suo parere, solo una salda educazione può dare. Il problema è che, avesse anche un figlio di 20 anni, davanti a tutti, sarebbe in grado di redarguirlo perché non ha detto grazie all’automobilista che, sulle strisce pedonale, gli ha concesso il passo, prima di fargli il gesto delle corna.

Genitore 1 è prudente, si sa, per cui il figlio non può fare nulla che lo metta minimamente il pericolo: in pratica, il figlio non piò fare nulla. Nulla che sia al di fuori della sua cameretta, con le pareti imbottite, e la culletta con le sponde, fino all’età di undici anni. Genitore 1, proprio perché è una brava persona, con qualche turba (ma chi non ne ha in fondo), quando è al parco, non perde mai d’occhio il proprio figlio ma manco quelli degli altri. Bimbi che vanno da 0 a 33 anni. Osserva, richiama, urla, telefona a Chi l’ha Visto, quando è uscito fuori dal suo cono visivo il figlio di un’amica del marito di una sua lontana conoscente, che andava in classe con il nonno della nuora del cugino di una vicina di casa di sua nipote, di cui non sa manco chi sia la mamma. Genitore 1 torna a casa con un male di capa, per questa sua incapacità di rilassarsi, che una volta al mese lo ricoverano per emicrania con grappoli.

Genitore 1 crede nell’importanza di regole ferratissime ed inviolabili, che vanno dalla reciprocità degli inviti fra i bimbi, dell’alternanza di impegni solidali con le altre mamme del quartiere, a quella di occuparsi della merenda dei bambini, una volta per ciascuno. Motivo in più perché le emicranie peggiorino.

Crede nel rispetto della panchina del parco, della lucertola che deve attraversare senza che nessuno ne calpesti la coda, nella bontà e nella purezza di tutti i bimbi. E i grappoli aumentano.

Quando Genitore 1 e Genitore 2 si incontrano, fanno finta di ignorarsi, schifandosi reciprocamente, ma mantenendo una parvenza di sana ipocrisia. Il primo esalata le nefandezze del figlio, in modo spavaldo, per affermare la sua superiorità in ogni campo, il secondo esalta le non esperienze che il figlio ha, in quanto c’è sempre tempo per  mettersi in pericolo. In fondo, nessuno dei due è davvero “normale” o privo di sintomini che lo consegnerebbero ad un medico bravo, ma, come è giusto che sia, la pagliuzza della demenza ciascuno la scorge esclusivamente nell’altro.

 

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