“Mamma mi guardi?”. Storia di una vacanza qualunque

Scrivo fuori tempo massimo, lo so. Avrei dovuto dedicarvi questo pezzo, socie care, a luglio. Ma, anche se in ritardo, io ve lo devo. Perciò, eccomi qui con : Mamma mi guardi? Ma mi stai guardando? Mi hai vista? E ora? Hai visto che so fare? – Storia di una vacanza qualunque. Ma pure apologia di reato, aggiungerei, se google non penalizzasse i titoli troppo lunghi!

Ma cominciamo dall’inizio. 

Cominciamo da fine giugno quando io, come altre sorelle carissime, sono andata per la prima volta al mare da sola con le bimbe, per sette giorni. Convinta, ve lo confesso che, in caso di eccessiva difficoltà, sarei scappata con il primo bagnino, sotto i 35 anni, a portata di mano.

Il destino romantico ha voluto che i bagnini non fossero come ai tempi in cui anche io ero come ai miei tempi, e che le bimbe mi abbiano fatto uscire di testa solo fino ad un certo punto. Un punto che, glielo devo, è ben sotto la soglia che fa scattare la legittima difesa, come attenuante.

Eppure, sorelle care, è qui che ho avuto il sentore, il settimo senso mammesco di carpirne gli indizi. Essi portano tutti  a quelle frasette, inizialmente buttate lì, quasi per caso, quasi con innocenza: Mamma, hai visto come so nuotare?

Frasi alle quali non potevamo che far seguire sorrisi ed un “Brava cucciola, sei diventata grande” . Roba che, va detto, di innocente non aveva niente.

Loro, i nostri figli, stavano solo affilando le armi, facendo le prove generali, esercitandosi con il ritmo, la velocità, la costanza, la dizione, i sinonimi, per quello che sarebbe stato il tormentone per tutti i ccxx di bagni, al mare, in piscina, al lago, al fiume, al chi te viv.

Per mia fortuna, in quella settimana, c’è stata la prima infatuazione con l’animatore-bambino. Un ragazzo che poteva essere uno di cui innamorarci a quattordici anni e di cui, ora, potevamo essere le tris-nonne.

Uno che, con il suo ciuffo, ha fatto capitolare tutte le bambine, dai quattro ai quattordici anni. Uno che, a dire il vero, andrebbe anche arrestato ex art 494 del codice penale che, più o meno, fa così: Non vale far finta di essere stato sulla luna, spacciandoti per astronauta, o cantante professionista, del tormentone del momento, per poter far capitolare il genere femminile. Questo si chiama reato e pure noi, che siamo state adolescenti, lo conosciamo molto bene.

Insomma, l’avrete capito, e forse sarà successo anche a voi. La distrazione amorosa ha reso le figlie più innocue. Il problema vero, dunque, è arrivato dopo. Quando le vacanze erano nel pieno e, dopo aver rodato il sistema di sfinimento, ed aperto i motori, hanno dato il massimo.

Ad ogni singolo tuffo in avanti, all’indietro, rovesciato, verticale, avvitamento, teso e carpiato, venivano pronunciate, senza soluzione di continuità, le seguenti frasi, a velocità 1:

“Mamma, hai visto? Mi guardi? E ora. Aspetta che lo rifaccio. No, non è uscito, ora faccio di nuovo. Sono stata brava? Guarda ora se è meglio? Mi fai vedere come si fa? Hai visto come sono stata brava? Mi hai visto o no? E guarda ora. Mamma, mi guardi. Mamma, ora. Mamma, guarda qua. Ora mi sposto di là. Mamma, vedi questo. Mamma …”

Ad ogni nuotata in stile libero, a dorso, a rana a farfalla, venivano pronunciate, senza soluzione di continuità, le seguenti frasi, a velocità 2:

“Mamma, hai visto? Mi guardi? E ora. Aspetta che lo rifaccio. No, non è uscito, ora faccio di nuovo. Sono stata brava? Guarda ora se è meglio? Mi fai vedere come si fa. Hai visto come sono stata brava? Mi hai visto o no? E guarda ora. Mamma, mi guardi. Mamma, ora. Mamma, guarda qua. Ora mi sposto di là. Mamma, vedi questo. Mamma …”

Ad ogni rotazione del corpo, sulla sabbia, all’ora del tramonto, ex ora dell’aperitivo, dalla ruota alla verticale, alla rovesciata, venivano pronunciate, senza soluzione di continuità, le seguenti frasi, a velocità 3:

“Mamma, hai visto? Mi guardi? E ora. Aspetta che lo rifaccio. No, non è uscito, ora faccio di nuovo. Sono stata brava? Guarda ora se è meglio? Mi fai vedere come si fa. Hai visto come sono stata brava? Mi hai visto o no? E guarda ora. Mamma, mi guardi. Mamma, ora. Mamma, guarda qua. Ora mi sposto di là. Mamma, vedi questo. Mamma …”

E poi, arriva lei, la frase delle frasi. Ci colpisce come uno schiaffo in faccia. Un meteorite in testa. Una doccia fredda. Ma pure come un rutto, improvviso, in pubblico, dopo la terza birra, che non capisci come ti sia scappato.

“Mamma, ma tu non mi guardi mai”.

A quella frase, scatta un booooo in sala.

Pare ci siano mamme scappate con il bagnino Mario, con circa sessantasei anni di servizio, quindi capisci bene che è pura disperazione.

Papà che fingono urgenze lavorative, pena licenziamento, che li portavano direttamente in stazione. Pur non essendo stati chiamati in causa, tra l’altro.

Mamme che hanno fatto ricorso al Tar, perché c’è un Tar per tutto.

E gente che ha, più mestamente, inforcato gli occhiali da sole, con lenti scurissime, ed  ha detto: “Scusami, ero distratta, mi fai vedere di nuovo. Ora mamma guarda”.

Ed è nel guadare la nostra estate. Nell’applauso. Nel complimento continuo. Non sappiamo più se i nostri figli siano davvero pronti per le olimpiadi o se, semplicemente, siamo entrati in un programma del FBI, per testare un nuovo metodo di tortura contro l’Isis.

Qualora così fosse, ve lo diciamo, il metodo è crudele, funziona alla grande. Ora basta, però.

 

Sulle vacanze al mare, leggi anche

→ Tattiche vincenti, in spiaggia  

La mia prima vacanza da mamma

 

 

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