Quanto vorrei fare la figa e raccontarvi che non c’è niente di più facile che stare a casa tutto il giorno con il vostro fagottino. Come vorrei darmi (vi) l’immagine che leggo nei blog di successo, in un sacco di commenti ma in pochissime chiacchiere telefoniche, su what’s app e vis à vis.
incinta
Io sono l’ultima del mio corso a partorire. E questo mi mette una certa ansia. Con i primi giorni di settembre ci sono stati i primi sgravi di pesi, ed io attendo gli ultimi per chiudere il mese, ed il conto con la bilancia. Sono lettrice attenta, anche per questo, delle chat notturne. A parte la solidarità ed il piacere di sapere come e quando le mie amiche hanno partorito, ho anche l’interesse del case study. Un mix tra l’Ispettore Colombo e Derrick, Il Dr Oz e Vogue Bambini, analizzo i casi per capire cosa toccherà a me.
Un paio di pomeriggi fa, mi sono ricordata di non aver compiuto l’azione che ogni donna in attesa dovrebbe compiere: passeggiare. Un’attività talmente banale che ce la si dimentica ogni giorno. Fateci caso: una corsa in auto, una in tram, una in metro, e l’unica “passeggiata” che facciamo è quella tra l’ultimo mezzo preso e la porta di casa.
Quando ho scoperto di essere incinta, l’ho fatto con il metodo classico: tre stick, giusto per essere sicura. Vista la mia età, che come si sa porta, oltre al colpo della strega, anche ad un importante calo della vista, e considerato che oggi non ci sono più i prodotti di qualità di una volta, ho creduto ad un errore: i tre stick erano chiaramente rotti, ed io non ci vedevo neanche un granchè.